giovedì 17 dicembre 2009

Africa, finalmente!


Milano, il mediterraneo, il Cairo; la mia porta per l'Africa e poi da li giù lungo il Nilo che si srotola per centinaia di chilometri sotto di noi e poi più nemmeno quello. Il mio viaggio sembra seguire un'antica cartina. Hic sunt leones scrivevano i romani sulle loro mappe una volta giunti qui.
Poi finalmente di nuovo luci, luci d'Africa, il Kenya, Nairobi, riflesso d'occidente nel continente nero.
Nell'aeroporto leoni ed elefanti fanno bella mostra sui cartelloni pubblicitari delle tante agenzie di safari che attendono i pallidi europei che sognano l'Africa degli animali feroci e dei selvaggi che ballano ritmi tribali, il tutto con pensione completa ed aria condizionata. E nemmeno stasera gli agenti in attesa andranno via a mani vuote ma riusciranno a regalare ai molti bianchi in arrivo, l'illusione dell'Africa selvaggia all inclusive.
Qualche giorno di sosta in questa grande metropoli africana, ospite dei gentili padri salesiani, in attesa di risolvere le formalità burocratiche ed ottenere il visto per il Sud Sudan ed in attesa del volo settimanale per Rumbek.
Grazie all'operosità dei padri in un paio di giorni ottengo il mio lasciapassare; tutto è pronto, domani mattina si parte, destinazione Tonj!
E l'indomani dopo un rudimentale imbarco su quello che sembra più un furgone dell'aria che un aereo ci ritroviamo in 5 a salutare Nairobi, i restanti 10 posti occupati invece da pacchi e scatoloni. In generale le facce sembrano tutte piuttosto perplesse riguardo alle capacità del trabiccolo di condurci a destinazione ma dopo qualche scossone iniziale tutto si stabilizza e il Kenya che scorre sotto di noi diventa un ottimo diversivo. Scalo tecnico sul confine Keniota-Sudanese e poi via di nuovo fino a Rumbek, dove una maglietta di don Bosco mi dirige dritto dai miei ospiti.
Faccio subito la conoscenza di Brother Mattew, giovane seminarista nigeriano che insieme all'autista mi porterà alla missione.
Risolte velocemente le pratiche doganali carichiamo la Jeep che come vuole la buona tradizione africana parte solo dopo una buona spinta, aiutati anche da qualche passante che tra una risata e l'altra contribuisce allo sforzo collettivo.
Mi avvisano subito che ci vorranno quasi 4 ore per arrivare a destinazione, cosa che ingenuamente non mi spaventa molto, ritenendomi ormai abbastanza esperto di strade africane; Pia illusione di cui mi pentirò già dopo venti minuti, dato che una strada in quelle condizioni l'avevo sperimentata raramente e 4 ore così mi sembrano allucinanti. I ragazzi mi avvisano che ad ogni viaggio la pista peggiora, anche se mi chiedo come possa diventare peggio di così..
Lasciata Rumbek alle spalle, ogni segno di civiltà scompare, a parte qualche rara capanna, l'improvvisa apparizione di qualche bambino nudo che ci insegue salutando e scompare veloce nella nuvola di polvere che ci lasciamo dietro e qualche vacca che placida pascola in mezzo alla strada.
Circa a metà strada ci imbattiamo in un paio di blindati ONU. Era dai tempi della guerra in Bosnia che non vedevo blindati con il mitragliere in torretta, segno che nonostante tutto il Sudan non è ancora un paese completamente pacificato.
Finalmente, con le ossa ormai a pezzi giungiamo a Tonj, destinazione del mio viaggio e la mia nuova casa per i prossimi sei mesi. Magra consolazione vedere che anche i miei compagni di viaggio sono a pezzi quanto me, oltre che ricoperti dal perenne strato di polvere che in Africa ci si porta sempre addosso.
Faccio subito la conoscenza con Padre John Peter, rettore del centro e con gli altri seminaristi che vivono qui e con cui collaborerò nei prossimi mesi. E' bello arrivare in un luogo dove la semplicità e l'accoglienza delle persone ti fa sentire immediatamente a casa e Tonj e queste persone mi fanno subito quest'effetto.
Nella mia prima sera alla missione faccio subito la conoscenza con Riccardo, un signore veneto venuto qui per qualche mese per aiutare le suore con i lavori alla loro nuova casa. Oltre a lui, nella stanza accanto alla mia dorme Alan, volontario del VIS ed il suo amico Miguel, spagnolo, giocoliere, mago e clown che nel suo breve periodo qui sta facendo una serie di spettacoli che fanno impazzire i bambini nei vari villaggi dove si è recato.
Inutile dire che la compagnia non mi manca e pure l'Italia è ben rappresentata.
La sera seguente poi giunge pure Ido, ingegnere antennista che negli ultimi 10 anni ha disseminato le missioni dell'Africa di antenne radio per missionari e non e che anche a Tonj monterà l'antenna della nuova emittente Salesiana.
Padre John Peter mi affida il primo incarico come assistente di Ido e per 3 giorni ci troviamo a catalogare pezzi di antenna ed a fare misurazioni per poterla impiantare, data la notevole altezza di 60 metri che dovrebbe raggiungere una volta terminata. Dal container escono anche decine di cartoni di viveri provenienti direttamente dalla valle che mi rincuorano parecchio, che un pacco di pasta in certe situazioni apre il cuore!
Si comincia ad entrare nel ritmo del posto, a conoscere per nome le persone con cui ogni giorno si incrocia lo stesso sguardo e sorriso e le tante mani tese che ogni giorno ti vengono offerte con spontaneità e amicizia e sentirsi chiamare per nome fa già intuire di essere stato accolto nel gruppo e considerato un amico.
I pasti con i padri e il restare qualche minuto in più al tavolo dopo cena a scambiare 2 chiacchiere sugli avvenimenti della giornata fa sentire un po' in famiglia e contribuisce ancora di più alla voglia di darsi da fare per poter rendersi utile a questa comunità.
FAbrizio

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