sabato 19 dicembre 2009

Abram


Abram ha circa un anno.
Si, circa perché qui l'età, come il tempo, è un concetto non ben definito e nessuno ritiene importante una data su un calendario.
E' stato portato qui perché ha i piedi completamente ustionati il piccolo Abram, bruciati dal fuoco dove è caduto mentre giocava con la sorellina appena più grande di lui.
La mamma, forse nemmeno ventenne, l'ha portato qui dopo averlo tenuto immobile una settimana in una capanna a molti chilometri dal nostro ospedale.
Quando l'infezione e la febbre hanno iniziato a diventare troppo forti se l'è caricato sulla schiena e s è incamminata fino a qui.
Quando è arrivato non piangeva Abram. Aveva solo i grandi occhi scuri sbarrati dalla paura e dal dolore.
Ha versato solo qualche lacrima quando l'infermiera ha tagliato gli stracci che avvolgevano i piedini ormai purulenti e ha fatto sentire le sue grida solamente quando la pulizia e la medicazione sarebbero diventate dolorose anche per un adulto.
La sua condizione ha imposto di ricoverarlo nonostante la riluttanza della mamma che come tutti i pazienti che passano di qui difficilmente accettano di restare anche una sola notte lontano dalla propria capanna e dal proprio clan.
I giorni sono trascorsi uno dietro l'altro ed in breve Abram è diventato la nostra mascotte. Lentamente il suo corpo ha cominciato a reagire agli antibiotici ed alle medicazioni ed all'infuori del temuto appuntamento giornaliero con l'infermiera che lo medica, ormai si è abituato a vederci sempre attorno a lui e per noi è normale, ogni volta che passiamo di li, infilare la testa nella stanza dov'è ricoverato insieme alla sua mamma che gli tiene compagnia.
Basta uno sguardo e Abram, che si trascina come un lombrico su e giù per il materasso, vestito solo delle fasciature che gli avvolgono i piedi, accetta felice di farsi prendere in braccio e fare una passeggiata all'aria aperta.
Abram non apre mai bocca ma i suoi occhi sempre spalancati, curiosi ed attenti a tutto quello che accade attorno, ti scrutano e sembrano volerti leggere nel pensiero e quando gli parli ti ascolta attento, nonostante l'idioma così lontano da quello che abitualmente sente in braccio ai suoi genitori.
Portare in giro Abram, dargli da mangiare e farlo sorridere è ormai l'attività principale del nostro tempo libero, nonostante ogni volta che lo si prende in braccio significa doversi cambiare subito dopo, dato che la sua capacità di sporcarsi e di sporcarti è ormai proverbiale.
A volte la notte Abram inizia a piangere, per il caldo, gli incubi o i dolori e non è raro incontrarsi o scontrarsi nel buio del cortile mentre preoccupati andiamo a controllare cosa disturba la nostra piccola puzzola. Quasi sempre basta prenderlo in braccio un po' e i suoi grandi occhi scrutatori lentamente si richiudono stanchi.
E' stato un gran giorno per noi quando l'infermiera ha finalmente liberato uno dei suoi piedini dai bendaggi, stabilendo che ormai la situazione era molto migliorata e almeno un piede poteva restare libero.
Ora Abram si alza e cerca di restare in equilibrio e fare qualche passo.
Ci vorrà ancora del tempo prima che anche l'altro piede possa definirsi guarito e lui possa ritornare al suo villaggio e forse quel giorno qualcuno di noi sarà un po' triste per aver perso la nostra mascotte, ma vedere gli occhi felici di Abram mentre i suoi piedini ormai guariti gli permetteranno di tornare a sgambettare sarà la più grande di tutte le soddisfazioni, oltre al nostro più bel regalo di natale!
FAbrizio

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